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20 ottobre 2016

Non solo Clinton e Trump, alle presidenziali americane ci sono altri 30 candidati.

Alcuni sono poco credibili, altri hanno idee fuori da ogni schema.

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Quanti sono i candidati alle elezioni presidenziali americane 2016? Non ci sono solo Hillary Clinton per il partito democratico e Donald Trump per il partito repubblicano.
Vogliamo fare una panoramica sui candidati alternativi, che comunque non hanno nessuna possibilità di venire eletti.

Gary Johnson
Leader del Libertarian Party, il partito libertario, è il solo candidato alternativo preso in considerazione. Non solo perché è l’unico a essere presente nelle liste elettorali di tutti gli stati. Ma anche perché attualmente i sondaggi lo danno intorno al 6%. Politico di lunga data, è stato anche governatore del Nuovo Messico dal 1993 al 2003, con i repubblicani.
Spesso i suoi interventi pubblici e le interviste hanno una buona dose di comicità. Non si capisce affatto se voluta o meno.
L’idea del partito libertario è un insieme di filosofie politiche con una lunga e seria storia. In sostanza propone la massima riduzione dell’incidenza statale. Il che, nel caso specifico, implica cose molto di sinistra e cose molto di destra. Droghe libere, unioni civili per tutti i sessi, permessi di soggiorno per gli stranieri e riduzione drastica delle spese militari. Ma anche totale libertà di mercato, eliminazione del welfare e più nessuna restrizione alle armi.

Jill Stein
E’ l’altra persona che può rivaleggiare con Johnson nella gara dei candidati alternativi. Medico e attivista, è la leader del partito dei verdi (Green Party). Ha posizioni molto nette per le questioni ambientali. Propone un aumento delle energie rinnovabili, un maggiore aiuto all’agricoltura locale, trasporti sostenibili. Vorrebbe dimezzare le spese militari, ritirare tutte le truppe statunitensi all’estero.

Evan McMullin
Negli ultimi giorni si sta rivelando particolarmente importante. Nonostante la sua candidatura sia presente in soli undici stati, nello Utah alcuni sondaggi lo danno addirittura favorito. Questo candidato indipendente piace infatti molto alla destra americana dello Utah. Non tanto per essere stato un agente operativo della CIA, ma per essere un mormone osservante. E il mormonismo ha la patria proprio nello Utah. Antiabortista, considera matrimonio solo quello tra uomo e donna, e la difesa è al primo punto del programma.

Darrel Castle
E’ l’altro candidato per il quale si può votare in più di venti dei cinquanta stati previsti. Politico e avvocato, è il candidato del partito della Costituzione (Constitution Party) si definisce più libertario di Gary Johnson. In effetti ha posizioni del tutto simili, ma è più a destra. Per esempio non è favorevole alla completa legalizzazione delle droghe.

Ci sono però altre ventisei persone che concorrono formalmente alla presidenza degli Stati Uniti. Molte di queste in un solo Stato.
Alcune hanno dei princìpi o addirittura programmi per certi versi credibili, almeno sulla carta. Come Rocky de la Fuente del partito riformista (Reform Party), incentrato sull’integrazione degli immigrati. Oppure Princess Khadijad Jacob Fambro del partito rivoluzionario (Revolutionary Party) che pone l’accento sulle ineguaglianze etniche e di genere.

Ma i candidati si dividono sostanzialmente tra fondamentalisti cristiani, vetero-socialisti e populisti. Rispettivi esempi sono Tom Hoefling del partito dell’America (America’s Party), Emilio Soltysik del partito socialista Usa (Socialist Party Usa) e Lynn Kahn, semplicemente indipendente.

E poi ci sono quelli fuori da ogni schema. In testa a tutti Joseph Maldonado: in un video si presenta tra una leonessa e due tigri, infortunato a una gamba. Come prima cosa dichiara che non si taglierà i capelli e non rinuncerà al suo modo di vestire (indossa un giubbotto di pelle a frange e porta una pistola). Gli stanno a cuore i diritti degli animali e dei veterani.

Poi c’è James Hodges che vorrebbe reintrodurre il proibizionismo negli Stati Uniti e Dan Vacek che vuole la legalizzazione della marijuana. Da non dimenticare Rod Silva del partito della nutrizione (Nutrition Party) che ha un sogno: una nazione palestrata che mangia nella sua catena di ristoranti.




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